Conte tra i terremotati. Il Vescovo: «Il cambio di passo? Ancora non c’è»

«Siamo qui per valutare un attimo come procedono i lavori. Abbiamo un decreto, lo sblocca cantieri, che è in sede di conversione e stiamo mettendo a punto gli emendamenti e non vorremmo sbagliare, consapevoli che c’è una comunità che soffre e ancora non vedono una prospettiva reale». Torna nelle zone del sisma, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a un anno dalla sua prima uscita pubblica e dalle promesse di un nuovo passo nella ricostruzione che non c’è. «Apprezziamo molto il suo gesto di sensibilità, come lo apprezzammo allora. Ma nulla è cambiato», denuncia al Corriere.it vescovo di Rieti, Domenico Pompili, da subito in prima linea nella difesa dei terremotati. «La mia sensazione è che dopo il crollo del ponte Morandi ci sia stata una caduta di tensione che ci ha spinto in una zona d’ombra. E il terremoto del centro Italia è entrato nel novero delle buone intenzioni. Siccome non se ne parla qualcuno potrebbe pensare che i problemi siano risolti. Invece restano e la variabile temporale è decisiva per evitare lo spopolamento definitivo».

Lentezze esasperanti, viabilità impossibile

L’11 giugno, in occasione della sua visita il vescovo consegnò al premier una lettera, in cui si faceva portavoce delle richieste del territorio. Quali erano? E cosa è stato fatto e cosa no? «Gli obiettivi per superare la drammatica fase post-sisma, secondo esigenze largamente condivise erano tre. Primo la viabilità: a partire dalla Salaria che prima era uno snodo e ora è un tappo. Poi la ripresa economica: per un territorio già soggetto a spopolamento la ricostruzione è decisiva. Infine i Beni Culturali che devono essere oggetto di procedure certamente trasparenti ma snelle. Perchè, diversamente, la lentezza esasperante delle procedure rischia di compromettere per sempre i beni che si vogliono salvaguardare. Attendiamo un segnale concreto».