Conservare l’identità per non lasciare il territorio: inaugurato il Varrone Lab con il ministro Franceschini

Un obiettivo da raggiungere per aiutare la ricostruzione e mantenere il legame della popolazione con il territorio. Così il presidente della Fondazione Varrone, Antonio D’Onofrio, ha presentato il laboratorio di restauro delle opere d’arte danneggiate dal terremoto del 2016 inaugurato nel centralissimo palazzo Dosi, nel primo pomeriggio del 13 gennaio. Un’occasione che ha visto anche la presenza del ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, che ha sottolineato la forza virtuosa della collaborazione tra pubblico e privato e la scelta di coinvolgere la città nel laboratorio di restauro perché le vetrine dei locali, affacciate sulla piazza, non faranno del laboratorio qualcosa di isolato, ma favoriranno la conoscenza dei lavori.

«Lavori su pezzi importanti non solo per il valore artistico, ma anche per quello identitario», ha sottolineato il ministro, parlando di un modello che sarebbe da riproporre anche altrove: «Mi è capitato, quando è stato necessario rimuovere le opere dai luoghi originari a causa del sisma, di ricevere tante lettere che temevano che le opere se ne andassero per il restauro e poi restassero fuori. Che ogni opera ritorni nel luogo da cui è stata recuperata è fondamentale. È bellissimo – ha aggiunto Franceschini – vedere come il patrimonio storico artistico sia un pezzo così centrale delle nostre comunità locali, ben oltre il valore materiale».

«Quello che ci sta a cuore è che la gente non vada via», ha ribadito da parte sua D’Onofrio: «il rischio è che se la ricostruzione continua ad essere così poco efficiente la gente si stanchi e vada via, fino a fare delle aree interne delle aree abbandonate. Quello che stiamo cercando di mettere in circolazione sono le cose che legano la gente al territorio: le tradizioni, le chiese, gli oggetti a cui erano affezionati: un modo per mantenere viva l’attenzione e il legame con il territorio».

Le opere presenti nel Varrone Lab di Palazzo Dosi per essere sottoposte al restauro, affidate alla restauratrice reatina Anna Paola Salvi, sotto la supervisione dell’ispettore Giuseppe Cassio, provengono dal deposito interno alla Scuola Carabinieri Forestali di Cittaducale, allestito dal MiBac in collaborazione con la Diocesi di Rieti. Pronte al recupero ci sono manufatti di pregio come la Madonna in trono con Bambino del XIII secolo, proveniente dalla frazione di Cossito, la Sacra famiglia con san Giovannino del 1527 di Cola dell’Amatrice e il trittico della Madonna del Latte dalla chiesa di Santa Maria delle Coste di Accumoli. Tra i dipinti il Sant’Emidio con la città di Accumoli del XVIII secolo dalla chiesa di San Francesco di Accumoli e il Sant’Emidio con la città di Amatrice del XIX secolo proveniente dall’omonima chiesa di Poggio Vitellino. E ancora, la Madonna del Rosario della prima metà del XVIII secolo, proveniente dalla frazione di Fasciano. Saranno oggetto di restauro anche numerose statue. Alcune opere richiedono azioni conservative e di ripulitura, altre interventi più profondi. bisognose di restauri. Alcune opere hanno subito strappi, lacerazioni, sfondamenti e quindi necessitano di interventi profondi.

La Fondazione ha annunciato di stare studiando le modalità per favorire la massima partecipazione della cittadinanza al lavoro del Varrone Lab, tenendo fede all’idea di mettere al centro dell’attenzione l’urgenza della rinascita dei paesi più colpiti dal terremoto. Un passaggio che segue da vicino la pubblicazione del libro Ai piedi della Laga, avvenuta a dicembre per i tipi di Mondadori-Electa, sempre in collaborazione tra la Fondazione Varrone, le Soprintendenze e i Comuni interessati e la Diocesi di Rieti per la valorizzazione e il riuso dei beni artistici scampati al sisma, in vista dell’apertura, in primavera, di una grande mostra a Palazzo Potenziani con le opere più significative provenienti dal Museo Civico e dalle chiese di Amatrice e Accumoli.