Camminando s’apre il cammino: le indicazioni del vescovo nel primo giorno dell’Incontro Pastorale

Più che conclusioni, stavolta uno spunto per il lavoro da proseguire in parrocchia e nelle zone, da parte del vescovo Domenico. L’intervento con cui monsignor Pompili ha chiuso il pomeriggio al centro pastorale di Contigliano, dopo la densa riflessione di Marinella Perroni, era calibrato in prospettiva dei successivi momenti che, dopo quello diocesano comune, si svolgeranno sul territorio, con assemblee a carattere parrocchiale e zonale.

Don Domenico ha iniziato ricapitolando il cammino degli appuntamenti del suo episcopato: dal primo Incontro pastorale, a un anno dal suo arrivo a Rieti, che nel settembre 2016, a pochi giorni dal terremoto, aveva visto il tema “Camminare, confessare costruire” rimodulato in “Accompagnare, imparare a credere, ricostruire”, proseguendo l’anno dopo nel “Camminare col passo dei giovani”, e poi nel 2018 “La dimensione sociale del vangelo”, l’insistenza sulla valorizzazione del dies Domini l’anno successivo con “La domenica andando alla messa”, arrivando lo scorso anno con l’invito, passata solo la fase più cruciale della pandemia, a riprendere il volo all’insegna dello slogan dal sapore evangelico “Come gli uccelli del cielo”.

Il calendario liturgico, al 3 di settembre, riporta la memoria del grande Papa del VI secolo, san Gregorio Magno. E da un suo scritto monsignore ha preso spunto per proporre una “regola pastorale”: un’esortazione a saper parlare a tutti, mettendo in moto quella saggezza, quell’acume pastorale che porti a individuare ogni volta «il modo più efficace con cui il pastore debba trattare l’una e l’altra categoria di persone».

Lo stile è sempre quello del pastore, con il suo attento amore verso ogni pecorella del gregge. Ma Pompili ha voluto invitare a dare non minore importanza a un’altra “categoria” lavorativa che, rispetto a quella del pastore, ha meno “fortuna” nella Sacra Scrittura come metafora spirituale ma che è non meno cara a Gesù, che proprio in questo gruppo di lavoratori chiamò i suoi primi discepoli, proponendo loro di diventare “pescatori di uomini”. Una metafora, quella del pescatore, che aiuta a cogliere meglio l’aspetto comunitario: infatti, ha evidenziato il vescovo, «non si andava a pescare con la canna, ma con la rete; e perciò ci si andava assieme, perché la rete si doveva gettare e tirare a riva in più persone, e la sua stessa lavatura e sistemazione dopo la pesca era impossibile ad uno solo». E questo aiuta a capire la scelta di Cristo: «Gli apostoli sono stati chiamati non per essere degli “eroi solitari”, ma per fare parte di una comunità».

Proprio la parola di Cristo deve essere rimessa al centro: ci troviamo oggi, ha rilevato Pompili, Nei nostri anni la Chiesa in un contesto «di inaudita impermeabilità alla parola di Dio, che paradossalmente è anche una grande opportunità; oggi infatti i cristiani, e specialmente i predicatori del Vangelo, sono davvero ‘inermi’ e ‘poveri’ di fronte alla cultura imperante; non perché manchino loro le ragioni (anzi, i cristiani qualche volta vengono lasciati soli a sostenere l’importanza della ragione), e neanche perché manchi la ricchezza dell’esperienza (anzi, la Tradizione della Chiesa è un tesoro ineguagliabile); sono ‘poveri’, i cristiani, perché non hanno la possibilità di imporsi, di spiegare bene le loro posizioni, di articolare compiutamente la parola di Gesù. Ma in questa situazione, dicevo, si racchiude anche una grande opportunità: oggi la Chiesa non può più contare sul vento favorevole della cultura, delle istituzioni e mentalità, del costume e perfino del potere politico, come è accaduto in altre epoche: è quindi stimolata con maggiore forza ad affidarsi alla parola di Gesù». Dunque, tornare a gettare le reti, confidando in lui. E farlo, necessariamente, insieme.

Con questo stile di “affidamento nella fragilità”, il vescovo ha invitato a svolgere il cammino che, apertosi con il momento diocesano a Contigliano, vuole introdurre quel percorso sinodale da condividere con l’intera Chiesa italiana, e che anche la diocesi reatina aprirà ufficialmente a ottobre, proseguendo con i momenti in ciascuna parrocchia e zona pastorale. Il “planning” da lui suggerito «non solo ai parroci ma a tutti voi che siete qui»: programmare assemblee parrocchiali (e poi zonali), ideare un tema, coinvolgere persone e tenere poi il momento di raduno, ben strutturato, arrivando a «dire qualcosa di concreto perché la parrocchia possa non semplicemente ripetere sé stessa in modo identico, ma ci possa essere qualche nuova prospettiva da condividere insieme».

L’esercizio della sinodalità, ha ribadito monsignore richiamando quanto detto poco prima dalla professoressa Perroni, non è certo qualcosa di facile e di scontato: è una cosa che «si impara facendo», un po’ come, ha detto Pompili con un paragone un po’ “azzardato” ma efficace, la sessualità: «essa si pratica, non se ne parla… Così la sinodalità: dobbiamo parlarne, ma non è parlandone che la viviamo, la si vive esercitandola». Ecco, una forma concreta per esercitarla è appunto quella dell’assemblea parrocchiale «in cui tutti vanno coinvolti e in cui ciascuno possa provare a dare il suo contributo».